Essere custodi di boschi
Linee guida per una corretta gestione del verde
Linee guida per una corretta gestione del verde
Sei proprietario di un piccolo o grande bosco e ti piacerebbe gestirlo nel rispetto della biodiversità?
Ecco un piccolo vademecum di 7 semplici regole steso in collaborazione con le Associazioni coinvolte nei progetti di tutela:
Il bosco è prima di tutto un ecosistema che racchiude al suo interno i livelli più alti di biodiversità possibili.
E’ un sistema dinamico complesso, con una sua vita propria.
Si tratta di una struttura fondamentale per la salute ecologica del territorio e non un ambiente al nostro servizio. Oltre agli alberi è composto anche da arbusti, piante erbacee, muschi, licheni, animali, funghi, batteri, tutti intimamente collegati da numerose relazioni e interdipendenze.
E’ necessario comprendere che il reddito economico derivante dal bosco è molto modesto e quindi, in presenza di un bosco antico, con buona biodiversità e composto da specie autoctone, è opportuno considerare un uso non produttivo, ma dare valore alla sua funzione ecologica.
Anche boschi più giovani lasciati evolvere senza interventi potranno diventare con il tempo ecosistemi naturali di elevato pregio ecologico.
Preservare il margine del bosco, costituendo un ecotono, ovvero una zona di transizione tra due ambienti diversi, con una sua biodiversità specifica.
Il margine del bosco rappresenta anche una protezione per il bosco in merito all’esposizione al vento e al sole.
Se si decide di sfruttare il bosco per la produzione di legna, questa gestione non deve essere un taglio a raso sino ad eliminare quasi tutto il soprasuolo lasciando un ambiente completamente diverso nell’aspetto, simile ad un deserto nel quale sono stati risparmiati alcuni alberi. Quindi occorre conservare la struttura del bosco. Lasciare la continuità delle chiome oppure gestire gli apporti di luce per specifici scopi di rinnovamento di specie eliofile.
Mantenere una sufficiente diversificazione in classi cronologiche degli alberi (diverse età).
E’ importante anche la composizione del bosco, e le specie arboree ed arbustive autoctone andrebbero risparmiate; per esempio i carpini, gli aceri, i tigli, le querce, i ciliegi selvatici, gli olmi, i pioppi, gli ontani, i frassini. E’ più opportuno prelevare solo le specie esotiche come la robinia.
Se un bosco è composto unicamente da specie autoctone, andrebbe valutato se non conviene non utilizzarlo. Le formazioni tipiche sono diventate rare e meritano una tutela integrale.
Conservare la necromassa ovvero lasciare degli alberi morti in piedi e al suolo.
Gli insetti saproxilici, i funghi, i picchi, i muschi permettono di favorire una gamma infinita di specie attivando le reti trofiche dei boschi e la creazione di habitat.
Porre estrema attenzione nell’aprire le strade di esbosco.
Non si può infatti entrare nei boschi con mezzi eccessivamente grandi.
E’ meglio utilizzare dei sentieri o delle piste forestali già esistenti per accedere al bosco senza generare ulteriori scempi.
Evitare in ogni caso di transitare su terreni bagnati.
Preservare i grandi alberi secolari e plurisecolari ancora rimasti, per conservarne il patrimonio genetico che racconta la capacità di resistere alle avversità di natura ambientale e parassitaria.
Gli alberi centenari sono i patriarchi del bosco non solo per la loro bellezza ma perché, con il loro apparato radicale e la loro chioma, sono un ecosistema complesso per un numero enorme di specie animali, vegetali e fungine e definiscono la buona salute dell’intero sistema del bosco.
Mantenere una interconnessione di tipo ecologico, ossia lasciare intatti dei corridoi di vegetazione arborea che colleghino i boschi in maniera tale da fare sì che, anziché essere isolati, risultino invece un sistema forestale con la possibilità di osmosi e di scambio, favorendo la diversità genetica delle popolazioni.